Skip to main content

Sulle orme di Federico II

ITINERARIO 4

Sulle orme di Federico II

Il nostro viaggio fra le tracce di fede e i paradisi di natura ci ha condotto fino a Castroregio, il bel borgo situato nell’entroterra dell’Alto Ionio. Da qui comincia una nuova avventura alla scoperta del territorio del GAL Sibaritide. Filo conduttore di questo itinerario sono i segni monumentali lasciati dalla dominazione sveva, in particolare i maestosi castelli, molti dei quali risalgono all’epoca di Federico II, il grande imperatore che, nella prima metà del XIII secolo, fu protagonista di una straordinaria epoca di rinascita sociale e culturale dell’Europa e che proprio qui ha lasciato orme indelebili della sua presenza

Specifiche tecniche del percorso

5

Località toccate

35

Distanza percorso

9

Punti di interesse
ITINERARIO 4

Descrizione dell'itinerario e tappe

Le tappe

Amendolara: terra di storia e di mito

Prendiamo le mosse da Castroregio per dirigerci verso la costa lungo il panorama tracciato della SP155 che si dipana sulla dorsale fra il torrente Straface e il torrente Ferro. Poco dopo l’innesto con la SP266 una stradina si stacca sulla destra. È una piccola deviazione dalla direttrice principale del viaggio che però vale la pena di affrontare perché ci conduce al cospetto del Bosco di Straface, una magnifica area verde ideale per pic-nic ed escursioni all’ombra dei pini e delle antiche querce. Qui si trova la Chiesa della Madonna delle Grazie, punto di partenza, nella prima domenica di settembre, della tradizionale processione che si snoda tra i sentieri del bosco.

Tornati sulla SP266 proseguiamo in direzione della costa fino ad arrivare in vista del centro storico di Amendolara, che scorgiamo sull’alto di un colle. Il modo migliore per far visita al paese è lasciare l’auto in Piazza Giovanni XXIII e da lì avviarsi a piedi fra le vie del centro. Interessante è la Chiesa di Santa Maria sita nel rione vecchio, risalente al IX o X secolo. Nel centro storico vi è anche la Chiesa Madre di epoca romanica, dedicata a Santa Margherita e, non lontano, il Castello Federiciano, sorto originariamente tra l’VIII ed il IX secolo sui ruderi di una roccaforte longobarda. Restaurato da Federico II di Svevia, il castello diventò la sua più importante residenza tra la Calabria e la Puglia. Da non perdere la visita al Museo Archeologico Nazionale “ Vincenzo Laviola” che conserva vasi di terracotta, armi , gioielli, corredi funerari , ceramiche, reperti metallici e migliaia di pesi fittili, molti dei quali provenienti dai vicini scavi del Pianoro di San Nicola, sede di uno dei primi insediamenti umani del territorio, precedente anche alla fondazione delle colonie greche legate alla Polis di Sibari, nonché sede della città arcaica con la necropoli di Paladino Mancosa, che si appresta a diventare Parco Archeologico. A breve sarà inaugurato anche il Museo della Protostoria.

Importanti sono, inoltre, le testimonianze di epoca bizantina, tra cui la già menzionata Chiesa di Santa Maria, la Chiesa di San Giovanni Armeno e la Chiesa dell’Annunziata.

Parimenti di rilievo i monumenti di epoca romana, tra cui i resti della Statio ad Vicesimun dell’Itinerario Antonino, quelli del Serbatoio, delle Terme e della Necropoli.

Amendolara è anche il paese natale di Pomponio Leto, della casata dei principi Sanseverino, umanista, fondatore dell’Accademia Romana, di cui si conosce la casa natale e al quale sono intitolati una piazza, una via ed un istituto scolastico nel paese.

Amendolara però non è solo storia antica. Qui si trovano interessanti spunti di visita per gli appassionati dell’arte contemporanea. Il borgo, infatti, è il paese natale di Antonio Sassone, apprezzato pittore, scultore e poeta Italo-Argentino, delle cui opere la Sala Consiliare del Comune conserva una bella selezione, come pure la Chiesa Madre e l’Auditorium Comunale. Opera di Sassone è anche la Chiesetta di Santa Lucia.

Un tempo Amendolara era celebre per la produzione di mandorle (da cui prende il nome) che sono ancora oggi alla base della preparazione degli amaretti locali. Fra i must della cucina locale vanno assolutamente assaporati i raschiatilli fatti a mano e conditi con pomodoro e basilico, i ferrazzuoli con il ragù di carne e i prelibati crispi, anelli di farina di grano, fritti in olio extravergine di oliva e spolverati a piacere con lo zucchero. Altri piatti tradizionali sono le seppie con piselli, la licurda, i tagliarilli con i ceci e le tagliatelle con baccalà e mollica di pane abbrustolita.

Dopo questa parentesi culinaria è tempo di rimettersi in viaggio. Sempre lungo la SP266 ci dirigiamo verso la costa passando accanto alla già menzionata Chiesa bizantina dell’Annunziata, conosciuta anche come Cappella dei Greci. Situata su una piccola altura che domina la costa con splendide vedute panoramiche, la Cappella, con pianta e cupola tipicamente bizantina e risalente al IX-X secolo, è affiancata da numerose grotte e per questo ritenuta il cardine di un antico centro eremitico.

Giunti sul litorale, attraversiamo in direzione nord l’abitato della Marina di Amendolara, apprezzatissimo centro di turismo balneare, celebre per le sue belle spiagge poste proprio de fronte ad una grande Secca, situata a circa 12 miglia dalla costa. Per la varietà di specie marine che la colonizzano, la Secca è un vero e proprio paradiso per gli amanti della subacquea, ma è anche un luogo legato alla storia e alla mitologia.

Qui, secondo la tradizione, un tempo sorgeva la mitica Isola di Ogigia dove Ulisse restò per sette anni prima di fare ritorno ad Itaca, prigioniero, non proprio “riluttante”, della ninfa Calipso. L’area è diventata ora Parco Marino Regionale. Proseguendo lungo la costa in direzione Roseto, si può ammirare l’intero golfo della Sibaritide, sorvegliato dalla massiccia architettura della Torre Spaccata, una delle molte postazioni fortificate erette a guardia delle incursioni dei pirati saraceni.

Roseto Capo Spulico: rose e castelli…

Superata l’ampia foce del torrente Ferro, da dove, volgendo lo sguardo verso ovest, si scorgono le alture del Pollino, giungiamo alla Marina di Roseto Capo Spulico. Possiamo attraversare il centro della località turistica proseguendo dritti lungo la SS106, ma, per chi non ha fretta e vuole godere a pieno delle bellezze del territorio, il consiglio, giunti presso le prime case, è di svoltare a destra in via Olimpia, dirigendosi verso il litorale: eccoci di fronte al celebre Lungomare degli Achei, una magnifica promenade al cospetto di alcune fra le più belle spiagge della costa ionica e il suo splendido mare Bandiera Blu.

Risalendo lungo la strada, una costruzione maestosa cattura la nostra attenzione: è il Castrum Petrae Roseti, uno dei simboli del territorio, che, arrampicato su una roccia, domina la spiaggia con le sue torri svettanti sopra le acque dello Ionio. Il maniero, oggi di proprietà privata e adibito a sede di un elegante ristorante, per secoli ha rappresentato un monito temibile per chi avesse avuto l’ardire di sbarcare sulla costa. Edificato nell’XI secolo e poi passato nelle mani del potente ordine dei cavalieri templari, venne requisito a questi ultimi da Federico II, come punizione per il loro tradimento nel corso della IV crociata. Secondo la tradizione, proprio durante il regno del grande imperatore, qui venne custodita la Sacra Sindone. In questo luogo intriso di mistero, Federico II di Svevia, lasciò segni importanti del suo passaggio, come dimostrano il ritrovamento dell’Onfale con incisi i segni della Passione di Cristo, e numerosi segni lapidei racchiusi tra le mura del maniero. Scoprirli tutti è un viaggio esoterico attraverso le tracce degli antichi segreti dello Stupor Mundi.

A breve distanza dal maniero un altro profilo roccioso si alza sopra la battigia. È lo Scoglio a Incudine, curiosa e caratteristica formazione naturale, divenuta anch’essa immagine iconica dell’Alto Jonio Cosentino.

Anche se le bellezze della Marina richiamano l’attenzione della maggior parte dei turisti, il cuore più antico di Roseto Capo Spulico batte nell’immediato entroterra. È qui infatti che sorge il borgo nei dintorni del quale, secondo le leggende locali, fiorivano le rose i cui petali erano usati per imbottire i guanciali dei più ricchi abitanti della colonia greca di Sibari. La storia di Roseto Capo Spulico si intreccia, infatti, al mito della Antica Sybaris, città tra le più ricche e importanti della Magna Grecia, di cui la Civitas Rosarum costituiva una delle venticinque colonie.

Raggiunto velocemente il centro storico, si varca la Porta della Terra, porta urbica di accesso al nucleo abitativo più antico, dalla quale si dipana l’vecchia cinta muraria, per addentrarsi a piedi nel dedalo di stradine, vicoli, piazze e affacci mozzafiato che caratterizzano il Borgo Autentico di Roseto Capo Spulico. Ed è proprio perdendosi tra queste viuzze che potreste percorrere la famosa Strettella, uno dei vicoli più stretti d’Europa, chiuso fra due muri la cui distanza non supera i 50 centimetri. La stradina è detta anche Vico degli Innamorati, un luogo estremamente caratteristico dove tanti innamorati del passato riuscivano ad incontrarsi per quel bacio rubato, per quell’incrocio di sguardi così desiderato e atteso, per quella autentica promessa d’amore. Baciarsi al centro della vinella significava- e significa, come tradizione vuole – buon augurio per un amore eterno e per una lunga e felice unione…

Anche il borgo di Roseto ha il suo castello, il Castrum Roseti, edificato in epoca normanna per volere di Roberto il Guiscardo. Una fortezza autosufficiente, dotata di stalle, prigioni e sistemi di autodifesa che oggi, completamente restaurata, ospita la sede municipale. Nell’atrio del Castrum Roseti si trova il Museo Etnografico di Roseto Capo Spulico, dedicato alla memoria del suo fondatore Leonardo Salomone che raccoglie oltre 2000 oggetti, testimonianza degli antichi mestieri, delle tradizioni e della vita quotidiana delle popolazioni locali. Altro piccolo gioiello da non tralasciare è la bella Cappella dell’Immacolata, meglio nota come “Santo Totaro”, nome attribuito al sarcofago posto sulla facciata della chiesa. All’interno la cappella conserva tele e affreschi di notevole valore e tanti misteri e storie ancora da scoprire.

Montegiordano: un borgo ospitale

Lasciato il centro storico di Roseto facciamo ritorno sulla SS106, proseguendo l’itinerario lungo il magnifico litorale costiero sino a raggiungere la Marina di Montegiordano. Di nuovo prendiamo la direzione dell’interno seguendo via del Carmine, che risale fra dolci ondulazioni verso la località Piano delle Rose. Poco oltre una curva, fra il verde della macchia mediterranea e i maestosi olivi, ecco comparire la sagoma massiccia del Castello di Montegiordano. La sua presenza è documentata già nel 1452 circa, quando qui era presente un feudo abitato e cinto di mura. Dopo un periodo di abbandono, a partire dal 1656, per volere del marchese Aurelio Leone, il maniero fu restaurato come dimora invernale adibita alla caccia e alla pesca. Nel 1763, furono completati i lavori di ristrutturazione della struttura. Tra il 1879 e il 1881, il castello e le annesse proprietà furono messe all’asta e acquistate dalla famiglia Solano.

Superato il maniero ci innestiamo sulla SP148. Anche il solo percorrere queste strade è un piacere immenso: tutto attorno si dipana una campagna verde e ben curata, dove la vista sembra poter correre senza limiti. Eccoci, infine, presso le case del borgo di Montegiordano.

Questo piccolo centro di tradizioni agricole non ha grandi monumenti da offrire al visitatore, ma, fra le sue abitazioni decorate dai vivaci murales dell’artista locale Franco Lateana, si respira aria di semplicità e di ospitalità familiari, quanto basta al visitatore per sentirsi piacevolmente a casa.

Camminando fra i vicoli ci si imbatte nelle testimonianze della fervente religiosità locale, simboli eloquenti della devozione attorno a cui si costituisce la coesione della comunità del paese. Ne sono un esempio La Croce del Secolo, eretta in occasione del Giubileo del 1900, proclamato da Papa Leone XIII, e il Calvario a cinque croci, che rievoca le altrettante stazioni della Passione di Cristo.

Fuori dall’abitato, in località Caprara, i ruderi della Grancia e della Cappella di San Michle Arcangelo ci riportano indietro nei secoli fino all’epoca di Federico II di Svevia, che concesse ai monaci cistercensi la proprietà dell’ampio territorio, allora coperto da lussureggianti foreste, dove sorse un’abbazia per lungo tempo prospera e potente.

Oriolo: un museo all’aperto

Lasciato l’abitato di Roseto, sulla sinistra troviamo la statale SS481 che sembra proseguire all’infinito fra colli, boschi e prati. Il nastro d’asfalto si snoda sull’ampio e panoramico crinale, costeggiando il torrente Ferro. D’improvviso ecco comparire Oriolo, arroccato su uno scoglio di pietra arenaria, protetto da imponenti bastioni e raccolto attorno alla mole dell’antico castello. È un borgo di origini remote. I segni della presenza umana sul territorio rimandano al tempo delle colonie della Magna Grecia, ma è in epoca medioevale che la posizione riparata e strategica ha fatto di questo luogo il punto di approdo di popolazioni in fuga dalle invasioni saracene sulla costa. Il grande castello, con le sue torri a pianta circolare, fu per secoli il cuore di una vera e propria cittadella fortificata, costruita per resistere ai più feroci assedi e così possente da sopravvivere anche alle calamità naturali come il terribile terremoto del 1693.

Oggi Oriolo è una piccola perla di storia e cultura ammessa negli esclusivi club dei Borghi più Belli d’Italia e dei Borghi bandiera Arancione del Touring Club Italiano. L’amministrazione comunale ha valorizzato l’abitato come un vero e proprio museo all’aperto. L’intero borgo, infatti, costituisce il MUDAM- Museo Diffuso delle Arti e dei Misteri, proponendo un ideale percorso di visita che parte proprio dal castello, simbolo del paese e centro attrezzato per ospitare concerti, esposizioni e convegni, dove si possono ammirare pregevoli affreschi e un’interessante mostra dedicata agli abiti medioevali e rinascimentali.

Fra le vie del Borgo le antiche case e i palazzi nobiliari sono divenuti sede degli altri spazi del museo diffuso. Il MUDAM è un vero e proprio work in progress, che vuole trasformare in paese in un centro vivo e propulsivo di cultura e socialità. Si tratta di aree espositive e didattiche come il Palazzo Giannettasio (trasformato in casa della cultura, dove sono ubicati il Museo della Civiltà Contadina, la mostra permanente dedicata al fotografo Gerarld Rholfs e la sede della fondazione Nuovo Umanesimo) e il Palazzo Tarsia-Toscano, sede dell’interessante polo bibliotecario. Accanto a queste sorgono realtà dedicate alla rinascita di vere e proprie attività imprenditoriali legate al settore artistico come la Casa delle Arti e delle Idee, dove trovano ospitalità i cultori della rinata tradizione liutaia, oppure l’atelier del pittore Francesco Diego, ubicato in una vecchia struttura messa a disposizione dal comune in comodato d’uso. Fra le tante perle culturali e artistiche c’è anche l’ area archeologica del quattrocentesco Convento di San Francesco di Assisi, situato ai piedi del bastione dove sorge il borgo. Ai visitatori che giungono qui nel periodo estivo, Oriolo offre lo straordinario fascino degli spettacoli presso il teatro all’aperto “La Portella”, incastonato in un ambiente naturale suggestivo: un’esperienza unica e imperdibile, nella quale il fascino della cultura si unisce a quello dell’aspra bellezza delle terre Ioniche.

Nocara: la città di Epeo, costruttore del Cavallo di Troia

Dopo l’immersione nelle suggestioni artistiche e culturali di Oriolo il viaggio sulle orme di Federico II riprende attraverso la bella campagna dell’entroterra. Percorrendo a ritroso il tragitto dell’andata torniamo infatti sull’SP147, per dirigerci poi verso Nocara, già ben visibile all’orizzonte sulla sommità di un’altura.
Poco prima di giungere al paese un cartello turistico sulla sinistra indica la direzione per il convento di Santa Maria degli Antropici. La struttura oggi di proprietà comunale merita sicuramente una visita, sia per la bellezza del luogo dove è posizionata, sia per il suo significato nella tradizione e nella devozione locali. Nella cappella, infatti, è custodita la venerata immagine della Madonna degli Antropici, rinvenuta, secondo la tradizione, in una grotta che sovrasta il convento.
Fatto ritorno sulla strada principale in breve si raggiunge l’abitato di Nocara. È un piccolo borgo rurale di circa 305 abitanti, la cui origine leggendaria, come per altri borghi della Sibaritide, rimanda agli eroi omerici. Secondo la tradizione, fondatore della città sarebbe stato niente meno che Epeo, il costruttore del Cavallo di Troia. A questa mitica figura gli odierni abitanti hanno dedicato il piccolo ma interessante Museo Epeo, ospitato nella sede del municipio.

Da visitare anche la Chiesa di San Nicola di Bari, che si trova nella parte est dell’abitato e al cui interno si possono ammirare le tele dell’Annunciazione e della Madonna col Bambino tra i Santi Giuseppe e Nicola, di origine settecentesca, l’Ecce Homo scultura in legno del 1550-1590 e una croce processionale in lamina d’argento del 1630. Nella parte alta, nel luogo in cui sorgeva il castello, restano solo una piazza e alcune tracce di muri, da dove però si ammira un panorama meraviglioso, che spazia dalle alture di Serra Maiori fino al mare.
Ritornando sulla SP.147, all’incrocio si può deviare brevemente per circa 4 km per visitare l’area archeologica di Serra Maiori. Lungo il tragitto s’incontra una piccola area pic-nic attrezzata e, più avanti, in località Armi di Sant’Angelo, una spettacolare rupe calcarea dove sono stati rinvenuti molti reperti di età ellenistica. Terminata la strada asfaltata bisogna proseguire a piedi fin sulla vetta di Serra Maiori, dove tra la vegetazione si trovano i resti dell’antica città di Presinace, un centro di rilevante importanza che un tempo estendeva la sua influenza da Nocara a Favale fino al litorale jonico.

Canna: il paese dei portali

Non molto distante da Nocara sorge l’abitato di Canna. È un piacevole ed ospitale paese di circa 800 abitanti, che conserva perfettamente le proprie tradizioni. Attualmente si presenta come un borgo di origini medievali, ricco nel centro storico di elementi rinascimentali, barocchi e neoclassici, con un grazioso saliscendi di vicoletti dove è possibile respirare i profumi della cucina tradizionale. Visitare il suo piccolo centro storico è un po’ come fare un balzo indietro nel tempo di quasi duecento anni…

Pur con le sue ridotte dimensioni, l’abitato di Canna stupisce per la presenza di numerose abitazioni nobiliari. Probabilmente la sua bella posizione panoramica e la vicinanza a centri più popolosi devono averne fatto una sorta di luogo di villeggiatura alla moda fra i notabili locali nel corso del XVIII e XIX secolo.

A testimonianza di queste frequentazioni d’alto bordo restano oggi i numerosissimi portali in pietra scolpita (se ne contano ben undici), spesso sormontati e affiancati dagli stemmi araldici delle famiglie nobili, frutto delle mani esperte degli apprezzatissimi scalpellini locali.

Per il turista aggirarsi fra le vie del paese alla ricerca di queste piccole perle d’arte può essere sicuramente l’occasione di dedicarsi a una curiosa “caccia al tesoro” che lo condurrà alla scoperta di angoli suggestivi di rara bellezza e quiete.

In questo peregrinare sarà impossibile non trovarsi ad un certo punto al cospetto della bella facciata dell’abitazione che fu della famiglia Jelpo e oggi, acquisita dall’amministrazione comunale, è sede del Palazzo delle Culture e dell’Ospitalità, interessante polo museale che ha il suo fulcro nell’antico mulino a carbone, perfettamente restaurato a testimonianza della storia e delle tradizioni del territorio legate all’economia agricola.

Rocca Imperiale, dimora dello Stupor Mundi

Lasciato il piccolo borgo di Canna ci avviamo lungo la SP150 verso l’ultima tappa del nostro lungo viaggio alla scoperta del territorio del GAL Sibaritide. La strada costeggia lo spettacolare e selvaggio alveo del torrente Canna e ci conduce fino a Rocca Imperiale, una gemma che incanta i visitatori con la sua bellezza naturale, la storia affascinante e la calorosa ospitalità.

Il centro abitato è ricco di tradizioni e patrimonio culturale e offre al turista un’esperienza di visita indimenticabile, invitando a scoprire i segreti di una destinazione che mescola sapientemente antico e moderno.

Fondata dai Greci nel VII secolo a.C., Rocca Imperiale ha una storia millenaria che si riflette nelle sue antiche mura e nei vicoli tortuosi del centro storico. Il nome stesso, “Imperiale”, suggerisce il passato glorioso della città sotto il dominio di Federico II.

Uno dei luoghi più emblematici del borgo è infatti il Castello Svevo, risalente al XIII secolo, che, secondo alcune testimonianze, fu una delle sedi preferite dal grande imperatore e dalla sua corte nel corso dei viaggi nei suoi domini fra Sicilia e Puglia e dei soggiorni dedicati alle battute di caccia con il falcone, passatempo amatissimo da Federico II.

Posto strategicamente sulla cima di una collina, il castello offre una vista panoramica sul Mar Ionio e sui paesaggi circostanti. I visitatori possono esplorare le antiche mura, le torri e gli ambienti interni, immaginando la vita quotidiana dei nobili che un tempo lo abitavano.

Perdersi tra i vicoli lastricati del centro storico di Rocca Imperiale è un viaggio nel tempo. Le case dai colori vivaci e le piazze accoglienti catturano l’essenza di un’antica comunità ancora viva. Numerose chiese testimoniano la profonda spiritualità che ha permeato la vita dei residenti nel corso dei secoli. La Chiesa Matrice dell’Assunzione della Beata Vergine, in particolare, colpisce per lo splendido rosone e la pregevole raffigurazione di Cristo che si può ammirare sul timpano sovrastante il portale. L’interno, a tre navate con decorazioni in stile barocco, custodisce una serie di opere d’arte di notevole valore e un crocifisso ligneo con aureola in oro e pregevoli altari.

Di grande interesse storico e artistico è anche la chiesetta della Madonna della Nova, situata fuori dal centro abitato, in località Le Cesine, nelle campagne che digradano verso la costa. Si tramanda fosse stata edificata intorno al 1400 da un principe pellegrino che, dopo essere naufragato sulle coste ioniche, passò la sua vita sull’altura dove sorge la chiesa per farvi penitenza di ringraziamento. Nella cappella è conservato il dipinto ad olio su tela dell’immagine della Madonna della Nova, che rappresenta la visita della Vergine Maria alla cugina Elisabetta. La sacra effige ogni anno viene trasportata e custodita in venerazione nella Chiesa Madre fino al 2 luglio.

Tornando nel centro storico del paese, negli edifici di un antico convento francescano, troviamo un complesso museale sorprendente per ricchezza e varietà delle raccolte esposte. Accanto al più famoso Museo delle Cere, che ospita le raffigurazioni di personaggi celebri della storia, dell’arte e dello spettacolo, si trovano altre esposizioni permanenti con temi differenti quali la sala dedicata ai personaggi mitologici a grandezza naturale come Polifemo, il Minotauro e Medusa (museo Mitologico), reperti naturalistici legati all’ambiente marino (museo Scientifico del Mare), l’esposizione di attrezzi dell’epoca, unità di misura, atti e regole (museo Medievale), minerali provenienti da tutto il mondo (museo Mineralogico), un’esposizione di antiche ricette e prodotti tipici (museo del Sapone) e una collezione di presepi provenienti dai cinque continenti e reperti a tematica religiosa (museo Misto) e il museo Araldico.

La vivacità culturale che caratterizza questo territorio è testimoniata anche dai tanti eventi che si svolgono regolarmente nel corso dell’anno. Fra i più importanti merita sicuramente di essere menzionato “Il Federiciano”, festival internazionale di poesia che si svolge nell’ultima settimana di agosto e, ispirandosi alla grande rinascita culturale di cui fu protagonista proprio l’imperatore Federico, porta nel borgo calabrese migliaia di poeti e appassionati del verso, provenienti da tutta Italia e dall’estero, proponendo un ricco cartellone di eventi, convegni e spettacoli.

Lasciamo a questo punto il centro storico di Rocca Imperiale per l’ultimo atto del nostro lungo viaggio nel territorio del GAL Sibaritide, in una vera e propria marcia trionfale nella bellezza, fra il verde degli olivi e il giallo dei limoni, quell’Oro di Federico che rappresenta uno dei prodotti ortofrutticoli più tipici e apprezzati di Rocca Imperiale, tutelato dal marchio IGP, Indicazione Geografica Protetta. Attraversando le campagne giungiamo infine alla Marina, di nuovo al cospetto del blu del Mar Ionio e delle sue splendide spiagge, sulle quali veglia con la sua mole imponente la Torre di Guardia, testimone di secoli di storia e delle vicende ti tanti popoli che nel tempo hanno dato vita alla straordinaria ricchezza di cultura, arte e tradizioni che caratterizza l’Arco Ionico della Sibaritide.

Tutti i punti di interesse

Amendolara: dimora di imperatori e dorata prigione di eroi…

Il castello federiciano di Amendolara

Venne costruito tra l’VIII ed il IX secolo sui ruderi di una roccaforte longobarda e fu restaurato nel 1239 da Federico II, che ne modificò ampiamente la struttura originale. Federico vi dimorò a lungo durante i suoi spostamenti tra la Sicilia e la Puglia ed esso assunse quindi l’importanza di “domus imperialis”. Inoltre, per la sua posizione strategica, fu un importante luogo di riunione e di passaggio per i cavalieri, per i monaci basiliani e per i crociati che si imbarcavano verso la Terra Santa. Come gli altri castelli dell’epoca, passò in mano agli angioini e poi ai Sanseverino. Attualmente quello che ne rimane è frutto di diversi rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli, ma si può ancora ammirare la bellezza del colonnato aragonese che rimanda ai fasti della Magna Grecia, il ponte di accesso in muratura, che sostituisce il ponte levatoio, il fossato e la torre poligonale. All’interno hanno un grande rilievo artistico un trittico in affresco di scuola napoletana risalente alla fine del XIII secolo che raffigura la crocifissione con S. Giovanni e la Madonna, e un altro affresco in cui si vede l’Onnipotente benedicente, racchiuso in una mandorla sorretta da due Angeli.

Info e contatti:

Comune di Amendolara –www.comune.amendolara.cs.it

Museo archeologico nazionale Laviola

La disposizione della mostra è articolata in quattro sezioni, suddivise in base a una logica cronologica: protostoria, due dedicate alla Magna Grecia e una riservata ai reperti bizantini. La prima sezione si apre con i manufatti più antichi della collezione, tra cui vasi in terracotta, utensili metallici, armi e gioielli risalenti al XII secolo a.C. Questi reperti provengono da uno scavo condotto nella città, che ha portato alla luce le tracce di un insediamento che si estende tra la tarda età del Bronzo e i primi periodi dell’età del Ferro. Vicini in termini di datazione sono anche i reperti provenienti dalla necropoli di Agliastroso. Per quanto riguarda il periodo dell’antica Magna Grecia, la sezione presenta oggetti appartenenti ai corredi funebri, databili tra l’VIII e il VI secolo a.C., provenienti dalle necropoli di Mancosa-Paladino. Tra questi, spiccano manufatti di ceramica corinzia e protocorinzia, materiale in bronzo e altri oggetti, che attestano la colonizzazione greca attraverso Sibari. Altri reperti provengono dall’antica città rinvenuta sul pianoro di San Nicola e nella piana sottostante, dove sono state individuate tracce di una vera e propria città con templi e necropoli. Tra gli oggetti esposti ci sono statuette votive, monete bronzee e pesi fittili da telaio, alcuni decorati con intricati labirinti, testimonianza della produzione intensiva di tessuti di lana. La sezione dedicata al periodo bizantino accoglie frammenti architettonici in marmo e altri arredi liturgici provenienti dalle chiese cittadine di San Giovanni e dell’Annunziata.

Info e contatti:

Museo archeologico Laviola – Tel 0981 911329

Roseto Capo Spulico: rose e castelli…

Il Castello di Petrae Roseti

Il castello risale al X secolo ed è detto Petrae Roseti (“della Pietra di Roseto”) perché, come ricorda San Vitale da Castronuovo, è sulla “Pietra di Roseto” che il Santo avrebbe fondato un monastero. Sui ruderi dell’edificio sacro è poi sorto il Castrum Petrae Roseti nel secolo XI, ad opera dei Normanni. A quel tempo il castello segnava il confine tra i possedimenti di Roberto il Guiscardo e il fratello Ruggero II, padre di Costanza d’Altavilla, erede del Regno di Sicilia e madre di Federico II. Nel XIII secolo fu requisito da Federico II ai Cavalieri Templari per ritorsione verso il loro tradimento durante la crociata in Terra Santa e divenne fortezza prettamente militare; dai registri angioini si conosce l’entità della guarnigione assegnata alla fortezza, che nel 1275 risulta composta dal castellano, uno scudiero e da dodici guardie. Il castello ha pianta trapezoidale ed è circondato da alte mura merlate; a sud, sotto un vasto ingresso, si trova un imponente portale in stile gotico che conserva ancora la rosa crociata, i petali di giglio, il cerchio di Salomone e lo stemma con il grifone, emblema del casato Svevo. Il castello è circondato da torri di avvistamento possenti, una delle quali più alta, merlata e a pianta quadrangolare. All’interno della rocca si apre un ampio cortile con cisterna centrale per l’approvvigionamento d’acqua e i resti delle scuderie, mentre gli interni hanno saloni di rappresentanza e grandi stanze ancora arredate secondo lo stile medioevale. Proprio per la sua bellezza, lo stato di conservazione e la posizione sul mare il castello è una vera e propria perla dell’Alto Jonio Cosentino.

Info e contatti:

Castello di Roseto –www.castellofedericiano.it

Comune di Roseto Capo Spulicowww.comune.rosetocapospulico.cs.it

Il Museo Etnografico di Roseto Capo Spulico

Si trova in un’imponente costruzione risalente alla dominazione normanna, nel centro del paese, voluta addirittura da Roberto il Guiscardo. Nelle sue sale oltre 2000 reperti sono stati salvati dall’oblio grazie a una paziente opera di raccolta. Il Museo è un autentico monumento alla memoria storica, rivissuta in un percorso costellato di oggetti d’uso comune, un viaggio che usa le fasi della vita umana come metafora della Storia. Si parte dai giocattoli e da una classe scolastica, completa di banchi e lavagna, per arrivare agli attrezzi della vita agricola e artigianale: i banchi del falegname, del fabbro, del barbiere e infine il telaio. Accanto a Roseto antica, il Museo celebra anche alcuni famosi concittadini contemporanei, come il due volte oro olimpico di Sidney Domenico Fioravanti o il poeta e scrittore Dante Maffia, fondatore delle riviste “Policord” e “Poetica”.

Info e contatti:

Comune di Roseto Capo Spulicowww.comune.rosetocapospulico.cs.it

Oriolo: un museo all’aperto

Il Castello di Oriolo

riolo per la sua strategica posizione acquisì il ruolo di centro di controllo a nord della Calabria, per cui venne edificato il castello e l’imponente cinta muraria. Il Castello è di origine Normanna con impianto quadrangolare. Fu possedimento di Svevi, Angioini, Aragonesi, dei principi Sanseverino e dei Lopes Vergara. Sulla porta vi è lo stemma dei Pignoni del Caretto, nobile famiglia che lo possedette nei secoli XVI e XVII. Ben conservato, nonostante i crolli degli anni ‘30, il Castello è il culmine del Paese, punto di forza insieme alla Chiesa di San Giorgio Martire. La struttura era stata abbandonata in periodo barbarico e poi ricostruita e fortificata in epoca bizantina come punto strategico che dominava la costa, con le sue torri d’osservazione a pianta circolare. Delle quattro torri solo tre sono in piedi intorno al mastio e al corpo centrale del fabbricato.

Teatro La Portella

Il Teatro la portella è situato alle pendici del centro storico di Oriolo, in un’ampia gola lungo il torrente Falce che costeggia il centro abitato. L’area è delimitata da un’alta parete di roccia quasi una quinta naturale che avvolge e delimita l’intera area del palcoscenico. Dal lato opposto, alle spalle della cavea troviamo un ripido costone con gradini intagliati nella roccia che si inerpicano fin nel cuore del borgo. Il progetto di trasformare quest’area in teatro all’aperto nasce da un’idea di un cittadino di Oriolo, Rocco Abate, che intuì come la morfologia di quel luogo fosse già una cavea naturale, ma ne immaginò la trasformazione in una struttura molto più ampia e suggestiva. Di lì a poco il comune di Oriolo, nell’ambito di un progetto di bonifica e recupero dell’area, mise a frutto l’idea del teatro, facendo nascere a metà degli anni ‘90 “la Portella”. Nell’estate del 1998 assistiamo alla prima rassegna teatrale. Sin dalle prime edizioni la rassegna, che si tiene regolarmente nei mesi estivi, s’impone per la qualità degli spettacoli e il prestigio delle presenze che calcano quel palcoscenico. Negli anni si sono alternati personaggi quali: Giorgio Albertazzi, Paola Gassman, Mario Scaccia, Monica Guerritore, Arnoldo Foà, Paolo Rossi, Moni Ovadia e più di recente, Gabriele Lavia, Giuliana De Sio, Ascanio Celestini, Giorgio Panariello. Ma anche raffinati musicisti come Peppe Servillo ed Enzo Gragnaniello, Edoardo Siravo e il premio Oscar Nicola Piovani.

Info e contatti:

Portella Teatro di Oriolo – www.portellateatro.it

Chiesa San Giorgio Martire

A breve distanza dal Castello si trova la chiesa madre di Oriolo, intitolata a San Giorgio Martire, patrono del paese, e inserita tra i monumenti nazionali dal Ministero dei Beni Culturali. L’aspetto attuale della chiesa è in stile neoclassico, ma i due leoni posti a guardia della porta centrale ricordano il suo originario impianto normanno. All’interno si trovano opere preziosa come la
cinquecentesca raffigurazione della Madonna con il Bambino, l’ organo del settecento, l’altare in legno recuperato dal convento dei Cappuccini e un prezioso reliquiario di argento in cui si conserva l’alluce di San Francesco di Paola.

Rocca Imperiale, dimora dello Stupor Mundi

Il Castello Svevo di Rocca Imperiale

Il Castello di Rocca Imperiale domina il paese dall’alto di una collina a poche centinaia di metri dal mare. Era un punto di difesa di grande importanza strategica. L’ingresso principale risulta essere decentrato e di molto sopraelevato rispetto al piano della campagna, con una porta cosiddetta “sinistra”, che obbligava gli assalitori a percorrere un lungo tratto allo scoperto sotto le mura, aprendosi al pericolo di attacchi dall’alto. Osservando il portale di Federico dal terrapieno si vede la prima merlatura: inglobata nel muro a destra del portale, essa è parecchio più bassa di quelle della torre e nel muro si vedono un paio di “buchi d’anta rotondi”, caratteristici del periodo federiciano. L’attuale fossato del Castello, il ponte levatoio e le strutture esterne sono sicuramente successive all’epoca del dominio Svevo. Nel corso del tempo il maniero fu di proprietà dei Sanseverino e poi passò ai Pignone. Il castello, a pianta quadrangolare con corte interna, è fornito di stanze per gli approvvigionamenti, cisterne per l’acqua, scuderie, camere di tortura, prigioni, mura di cinta, parapetti e torri di osservazione che furono la salvezza della popolazione durante le invasioni turche del XVI e XVII secolo, tanto che il castello non venne mai espugnato.

Info e contatti:

Informazioni turistiche Rocca Imperialewww.roccaimperiale.info

Il Museo delle Cere di Rocca Imperiale

Ospitato nei locali dell’antico Monastero cinquecentesco dei Frati Osservanti, il Museo delle Cere di Rocca Imperiale espone le statue in cera di personaggi storici realizzati a grandezza naturale e ricostruisce inoltre una serie di eventi fondamentali per la città di Rocca Imperiale e per l’area circostante. All’interno di queste sale si va da Federico II di Svevia a De Gasperi, da Mussolini a Che Guevara, da Madre Teresa di Calcutta a Rita Levi Montalcini, da Giuseppe Verdi a Totò. La suggestione dell’edificio sacro e il realismo delle statue assicurano una visita emozionante, difficile da dimenticare.

Info e contatti:

Museo delle Cere – www.museodellecere.net

Informazioni turistiche Rocca Imperialewww.roccaimperiale.info

I limoni di Rocca Imperiale: l’Oro di Federico

I limoni di Rocca Imperiale, conosciuti con il suggestivo nome di Oro di Federico sono una delle produzioni più tipiche dell’area. La posizione del territorio è l’ideale per la coltivazione del limo-ne: protetta dalle colline a nord-ovest, accarezzata dal clima mitigato dal mare a sud-est, la zona è una vera e propria culla, un habitat che non risente di inverni troppo freddi e che protegge i frutti anche dall’attacco di funghi e altre malattie tipiche di queste piante. Per la loro straordinaria qua-lità e storicità le produzioni di limoni di Rocca Imperiale hanno ottenuto il riconoscimento del marchio IGP, Indicazione Geografica Protetta. Il limone è solo il punto di partenza, il cardine di un’industria dai tanti volti come le marmellate, i dolci, le scorze candite o il liquore. Il liquore di limoni e limetta è tipico di queste zone, ha un profumo intenso di limone e un colore gialloverde che ricorda l’oro liquido. Un solo sorso riempie la gola di aromi dolci contrastati dall’agro del li-mone e dal sapore forte tipico di ogni bevanda alcolica. Le bucce degli agrumi vengono infatti la-sciate macerare per due mesi nell’alcool, per poi completare il procedimento con l’aggiunta dello zucchero fino a totale scioglimento. Solo allora viene filtrato ed imbottigliato.

Info e contatti:

Informazioni turistiche Rocca Imperialewww.roccaimperiale.info

Rocca Imperiale e le sue bandiere

Rocca Imperiale è comune Bandiera Blu, riconoscimento ottenuto in quanto località turistico balneare che rispetta determinati criteri relativi alla sostenibilità ambientale. Inoltre, detiene un altro importante riconoscimento in quanto inserito nel club dei Borghi più Belli d’Italia.

Negli ultimi anni, il paese, primo fra i comuni della Calabria, ha ottenuto anche la Bandiera Lilla, che non rappresenta solo un riconoscimento per il territorio, ma un impegno concreto per un turismo sempre più inclusivo, portato avanti da enti, associazioni e operatori del settore, per abbattere le barriere e creare un futuro dove viaggiare sia davvero un diritto di tutti.

Gli altri itinerari

Nelle terre dei Brettii

Tracce di fede e paradisi di natura

Fra la Sila Greca e la piana di Sibari